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LABORATORIO


IPERCALCEMIA ED IPOCALCEMIA


Il calcio è uno ione principalmente extracellulare, che si trova per circa il 99% nello scheletro, il quale è una sorta di riserva per mantenere la normale concentrazione nel liquido extracellulare (LEC). Molti processi cellulari dipendono dal calcio, come ad esempio reazioni enzimatiche, il trasporto di membrana, la trasmissione nervosa, la contrazione muscolare e cardiaca, l’aggregazione piastrinica. Il calcio è essenziale inoltre per la costituzione dei tessuti duri (ossa e denti) e la funzione neuromuscolare. Il calcio è presente nel plasma in tre forme: il 50% è in forma ionizzata o libera, l’unica metabolicamente attiva; la rimanente quota forma legami ionici con proteine (principalmente con l’albumina ed in minor misura con le globuline; tale forma corrisponde a circa il 40% del calcio totale) o complessi labili con ioni fosfato, citrato, lattati e bicarbonati (forma chelata, che rappresenta circa il 10% del calcio totale).

I livelli plasmatici di calcio ionizzato variano da 4,7 mg/dl a 5,2 mg/dl (1,12-1,42 mmol/L). Cambiamenti delle concentrazioni delle proteine sieriche modificano direttamente le concentrazioni del calcio totale ematico, sebbene la concentrazione del calcio ionizzato rimanga normale. L’acidosi modifica la concentrazione di calcio ionizzato riducendo il suo legame con le proteine. In corso di acidosi infatti le albumine hanno una minore carica negativa, dato che più ioni idrogeno sono disponibili nel liquido extracellulare e si legano ad esse, il che provoca una riduzione della frazione di calcio che si può legare alle proteine ed un aumento della frazione ionizzata, mentre il calcio totale resta invariato. Il contrario accade in corso di alcalosi.

A causa del ruolo fondamentale svolto in un’ampia varietà di funzioni cellulari, la concentrazione del calcio ionizzato nel LEC deve essere mantenuta entro un intervallo ristretto. In condizioni normali questa concentrazione viene controllata regolando la velocità di passaggio del calcio attraverso gli epiteli intestinali e renale. Questa regolazione si realizza principalmente attraverso la modulazione dei livelli ematici degli ormoni paratormone (PTH), 1,25 diidrossivitamina D e calcitonina.

Il paratormone è secreto dalle paratiroidi ed induce un aumento della concentrazione plasmatica di calcio tramite la mobilizzazione del calcio osseo, l’aumento del riassorbimento di calcio dal tubulo distale del nefrone e l’aumento dell’escrezione urinaria di fosfati. Inoltre il PTH determina un maggiore assorbimento intestinale di calcio grazie al suo effetto sulla vitamina D, di cui induce l’attivazione a livello renale. Il calcio ionizzato circolante agisce direttamente sulle paratiroidi tramite un meccanismo di feedback negativo.

La 1,25 diidrossivitamina D origina dalla vitamina D assunta con la dieta, la quale subisce la prima fase della sua attivazione nel fegato tramite idrossilazione. Il risultante prodotto viene ulteriormente idrossilato a livello di tubulo renale prossimale in presenza di PTH, dando origine alla forma attiva della vitamina. L’azione di questa vitamina consiste nell’aumentare l’assorbimento intestinale di calcio, nel mobilizzarlo dalle ossa e nel favorirne il riassorbimento renale. La sua secrezione è regolata dalla concentrazione di calcio, fosfati e paratormone.

La calcitonina è secreta dalle cellule C della tiroide e riduce il riassorbimento osseo di calcio, riducendone la concentrazione plasmatica.

Un quarto ormone, la “proteina associata al paratormone” (PTHrP), ha un ruolo importante nel metabolismo del calcio, soprattutto in caso di neoplasie. La PTHrP ha una funzione fisiologica nell’omeostasi del calcio durante la vita intrauterina, ma dopo la nascita i suoi livelli sono molto bassi negli animali sani. Un suo aumento è chiamato in causa nell’eziologia dell’ipercalcemia umorale neoplastica o paraneoplastica. Il PTHrP ha gli stessi effetti del paratormone: induce ipercalcemia aumentando il riassorbimento osseo ed il riassorbimento nei tubuli renali del calcio.

IPERCALCEMIA
Un eccesso di calcio ionizzato ha un effetto tossico sulle cellule, in quanto provoca alterazioni nella permeabilità della membrana cellulare che possono esitare in morte cellulare per un eccessivo aumento intracellulare dello ione. Tutti i tessuti sono soggetti a questi effetti ma i più importanti dal punto di vista clinico sono il sistema nervoso centrale, il tratto gastroenterico, il cuore ed i reni.

I segni clinici variano in base alla gravità ed alla durata dell’ipercalcemia e comprendono: poliuria e polidipsia, letargia, depressione, intolleranza all’esercizio, debolezza muscolare, inappetenza, anoressia, vomito, costipazione o diarrea, aritmie cardiache.

L’ipercalcemia è responsabile di un danno ai tubuli renali, in particolare quando è presente una concomitante iperfosfatemia. In presenza di ipercalcemia l’animale perde la sua capacità di concentrare le urine a causa di una perdita di sensibilità all’ADH. L’ipercalcemia in presenza di insufficienza renale cronica pone un dubbio diagnostico, in quanto può essere causata dalla patologia o esserne la causa.

Le cause più comuni di ipercalcemia sono neoplasie, iperparatiroidismo primario, insufficienza renale ed ipoadrenocorticismo.

Il linfoma e l’adenocarcinoma dei sacchi anali del cane sono i tipi più comuni di neoplasie associate ad ipercalcemia, ma anche altri tumori possono provocarla. Ciò è solitamente dovuto ad una produzione ectopica di PTHrP da parte delle cellule neoplastiche. Un meccanismo meno comune che può causare quest’alterazione elettrolitica è l’osteolisi locale, in caso di invasione ossea da parte del tumore.

primario si ha una eccessiva produzione di PTH da parte di un tumore, solitamente un adenoma delle paratiroidi. La secrezione di PTH in questo caso non è influenzata dal feedback negativo dato dall’incremento della concentrazione di calcio. Questo incremento, che avviene lentamente, porta a ridotta capacità di concentrare le urine ed a conseguente poliuria e polidipsia. In caso di insufficienza renale cronica solitamente si rileva normocalcemia od ipocalcemia, ma in una piccola percentuale di casi il paziente si presenta ipercalcemico. Il malfunzionamento renale porta a una ritenzione di fosfati, per diminuzione della filtrazione glomerulare, e ciò causa una riduzione della concentrazione di calcio, per la sua complessazione con i fosfati. Inoltre livelli elevati di fosfati inibiscono l’idrossilazione della vitamina D, con conseguente riduzione dell’assorbimento intestinale di calcio. Questi fattori causano una riduzione della concentrazione di calcio plasmatico e un aumento del paratormone. Questo ormone inizialmente ripristina i livelli di calcio ma con il peggioramento della funzionalità renale il feedback non è più sufficiente e si instaura ipocalcemia. Tuttavia in alcuni casi a insufficienza renale cronica si può associare ipercalcemia. Anche se l’eziologia di questa alterazione è poco chiara, si sospetta che sia dovuta ad un’eccessiva secrezione di PTH a causa di una alterazione del set point per questo ormone (le paratiroidi diventano meno sensibili all’inibizione data dalle alte concentrazioni di calcio ionizzato).

Una piccola percentuale di soggetti affetti da ipoadrenocorticismo primario presentano ipercalcemia dovuta a ridotta escrezione renale o eccessiva ritenzione tubulare renale di calcio. Ciò dipende da diversi meccanismi: emoconcentrazione con iperprotidemia, riduzione della velocità di filtrazione glomerulare, ritenzione di calcio dovuta all’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone.

Nel gatto è presente una forma di ipercalcemia idiopatica felina. Il quadro clinico varia da una forma subclinica a una condizione caratterizzata da debolezza, perdita di peso e scarso appetito. Il decorso della malattia può essere benigno, ma in alcuni animali la malattia può progredire fino allo sviluppo di insufficienza renale. I meccanismi responsabili dell’aumento della calcemia non sono ancora noti.

L’ipercalcemia può essere associata a intossicazione da vitamina D, che può essere causata dall’ingestione di rodenticidi contenenti vitamina D o ad una eccessiva integrazione con la dieta (utilizzo di olio di fegato di merluzzo o altri integratori ricchi di vitamina D). Un’eccessiva assunzione di vitamina D ha come effetto l’aumento dell’assorbimento intestinale di calcio e fosforo, che porta a ipercalcemia e iperfosfatemia.

Malattie granulomatose come blastomicosi, coccidiomicosi, istoplasmosi, nocardiosi, linfoadenite granulomatosa e altre possono indurre ipercalcemia attraverso un meccanismo non ancora identificato. Si ipotizza che i macrofagi producano 1,23-diidrossivitamina D attraverso un meccanismo di idrossilazione autonomo.

TRATTAMENTO: la rimozione della causa sottostante è il trattamento definitivo per l’ipercalcemia, ove possibile. La terapia immediata è richiesta nei pazienti sintomatici o se la calcemia sierica è superiore a 16 mg/dl e ha il fine di correggere la disidratazione favorendo l’eliminazione renale di calcio. La fluidoterapia parenterale è il primo trattamento a cui sottoporre gli animali con ipercalcemia. La soluzione fisiologica allo 0.9% induce una riduzione più rapida della calcemia rispetto ad altri fluidi. La disidratazione deve essere corretta in 4-6 ore somministrando un volume pari a due o tre volte il rate di mantenimento. La somministrazione di furosemide, soprattutto se in infusione continua, promuove l’escrezione urinaria di calcio. L’infusione di bicarbonato di sodio viene utilizzata per la gestione acuta dell’ipercalcemia in presenza di acidosi metabolica, la concentrazione sierica di calcio si riduce quando l’acidosi viene corretta perché una maggiore quantità di questo ione si lega alle proteine del siero e al bicarbonato. I glucocorticoidi abbassano significativamente i livelli di calcio negli animali con linfoma, mieloma multiplo, timoma, ipoadrenocorticismo, ipervitaminosi D e malattie granulomatose, ma hanno poco effetto sulle altre cause di ipercalcemia. L’azione dei glucocorticoidi consiste nella riduzione del riassorbimento osseo, dell’assorbimento intestinale di calcio e nell’aumento dell’escrezione renale di calcio. Il loro uso dovrebbe essere attuato dopo aver raggiunto una diagnosi. In animali senza diagnosi definitiva dovrebbe essere considerato il trattamento con calcitonina al posto di quello con glucocorticoidi. La calcitonina riduce l’attività e la formazione degli osteoclasti. I bifosfonati sono farmaci in grado di inibire il riassorbimento osseo diminuendo l’attività degli osteoclasti, riducendo così la concentrazione ematica di calcio.

IPOCALCEMIA di grado lieve è solitamente asintomatica, mentre nelle forme gravi o in quelle che si sviluppano in forma acuta si possono osservare i seguenti sintomi: agitazione, respiro affannoso, vocalizzazioni, contrazioni muscolari focali, crampi muscolari, rigidità, tetania, crisi convulsive, ipertermia, cataratta o cecità e tachiaritmie. La maggior parte sono segni di disfunzione neurologica direttamente imputabili all’aumento dell’eccitabilità neuronale indotta dall’ipocalcemia. Una delle cause più comuni di ipocalcemia è l’ipoalbuminemia, che induce una riduzione della concentrazione di calcio totale ma non di quello ionizzato. Solitamente non ha effetti clinici. L’ipoparatiroidismo idiopatico primario è infrequente ma causa ipocalcemia grave. La perdita del tessuto funzionante paratiroideo, che provoca la ridotta secrezione di PTH, può essere dovuto a distruzione traumatica, neoplasia e, più frequentemente, a processi infiammatori o immuno-mediati. La diagnosi si basa sul rilevamento dei seguenti reperti: -ridotte concentrazioni di calcio totale e calcio ionizzato -ridotte concentrazioni di PTH (sotto o nella parte inferiore dell’intervallo di riferimento, ma comunque inadeguate allo stato di ipocalcemia presente) -elevate concentrazioni di fosforo -normale funzionalità renale L’ipocalcemia sintomatica è rara nella malattia renale cronica ma può verificarsi nell’insufficienza renale acuta indotta da intossicazione da glicole etilenico, in quanto questo composto viene convertito in ossalato, che forma complessi con il calcio. Negli animali affetti da enteropatia proteino-disperdente le concentrazioni di calcio sono basse a causa della concomitante ipoalbuminemia. In molti casi tuttavia si osserva una riduzione anche del calcio ionizzato a causa del ridotto assorbimento dell’elemento e dei bassi livelli di vitamina D (questa vitamina è liposolubile e dato che in questi soggetti è presente un malassorbimento dei grassi si osserverà una riduzione delle sue concentrazioni sieriche). In presenza di pancreatite (soprattutto se acuta e grave) può svilupparsi uno stato di ipocalcemia, in quanto il calcio viene sequestrato nel grasso saponificato presente in sede peripancreatica o nei tessuti molli adiacenti. In cani femmina giovani, solitamente di piccola taglia, due settimane dopo il parto, al picco della lattazione, può manifestarsi eclampsia o tetania puerperale (sindrome rara invece nel gatto). In questa fase il fabbisogno di calcio è massimo e si può sviluppare questa sindrome in animali che abbiano riportato una grave perdita di calcio dai depositi ossei durante l’ossificazione degli scheletri fetali e, dopo il parto, attraverso il latte. Lo sviluppo di ipocalcemia è riportato in pazienti con sepsi o con trauma acuto. Molti fattori contribuiscono allo sviluppo di ipocalcemia in queste condizioni, tra cui la comparsa di deficit nell’asse paratiroidi-vitamina D. TRATTAMENTO: si basa sulla supplementazione di sali di calcio e metaboliti della vitamina D. Nelle forme sintomatiche il calcio deve essere somministrato per via endovenosa alla dose di 5-15 mg/kg di calcio elementare (corrispondenti a 0.5-1,5 ml/kg di calcio gluconato al 10%) nell’arco di 10-20 minuti. Non è consigliabile continuare a somministrare in modo intermittente sali di calcio per controllare i segni clinici, perché danno luogo a fluttuazioni nella concentrazione di calcio sierico. Invece è raccomandabile, dopo il primo bolo, una infusione endovenosa continua di calcio elementare alla dose di 60-90 mg/kg/die fino a che i farmaci somministrati per via orale non forniscano il controllo della concentrazione di calcio sierico. Durante l’infusione devono essere monitorati frequenza cardiaca ed elettrocardiogramma, dato che un’infusione eccessivamente rapida può risultare cardiotossica. Si può usare sia il cloruro che il gluconato di calcio, anche se solitamente si preferisce quest’ultimo perché non irritante se iniettato a livello perivascolare. I metaboliti della vitamina D (ad esempio colecalciferolo ed ergocalciferolo) devono essere somministrati il più precocemente possibile, perché non hanno un effetto immediato. Per mantenere la concentrazione di calcio ad un livello accettabile fino a quando la terapia con i metaboliti della vitamina D non sia efficace si possono somministrare sali di calcio per via parenterale. La preparazione orale più diffusa è il carbonato di calcio perché contiene la maggiore percentuale di calcio elementare ed il dosaggio è di 25-50 mg/kg/die.

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